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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > I contemporanei > Giuseppe Parini

Giuseppe Parini

fotografia Foscolo ebbe modo di incontrare Parini (Bosisio-Lecco 1729 – Milano 1799) nel 1798 a Milano e contribuì con i suoi scritti alla divulgazione di un ritratto eroico dell’autore, già proposto all’inizio del secolo dall’edizione delle Opere di Giuseppe Parini (Milano, Genio Tipografico, 1801) curata da Francesco Reina. Foscolo si colloca sulla stessa linea apologetica dell’edizione milanese e nell’Ortis, precisamente nella lettera scritta il 4 dicembre, che racconta l’incontro a Milano tra Jacopo e il vecchio poeta, delinea un ritratto fortemente idealizzato di Parini che diventa l’emblema dell’uomo di cultura animato da una viva coscienza civile e dall’amore per la patria. Foscolo investe il poeta della funzione di interprete della crisi di valori della generazione di giovani che si erano impegnati nel corso del triennio e che, reduci dalla militanza attiva, erano delusi dalla situazione contemporanea e ostili alla dipendenza politica e militare dalla Francia degli stati italiani. Parini viene presentato come un modello di intellettuale libero e estraneo alle lusinghe del potere, al quale spetta un compito fondamentale di verifica e di giudizio sulla realtà storica; nel suo quasi monologo dal tono argomentativo, costruito sulla base di una dialettica di chiara ascendenza machiavellica, il poeta dimostra che è impossibile conciliare etica e politica, senza accettare compromessi.

Il Parini foscoliano suggerisce un modello di scrittore che vive (e si preannunciano già i toni della polemica contro i letterati napoleonici) in una condizione di marginalità dalla società, di solitudine dignitosa, presupposto necessario a un esercizio critico puro e incontaminato. Sulla stessa linea si colloca, anni dopo, la celebrazione contenuta nel carme Dei sepolcri, dove proprio la mancanza di una degna sepoltura per il poeta è il pretesto che avvia la polemica contro l’editto di Saint-Cloud; i versi dedicati al Parini (vv. 53-90) alludono alla produzione satirica del poeta milanese che aveva ridicolizzato nel poema Il giorno la corruzione e l’immoralità della classe nobiliare.

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