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I Classici

fotografia Come Leopardi, l’altro grande “romantico” suo contemporaneo, anche Manzoni aveva un’eccezionale cultura classica. La conoscenza degli autori latini e greci emerge vistosamente nelle poesie giovanili, dove il continuo riferimento a temi, forme, stilemi della poesia classica era un procedimento obbligato per un giovane scrittore educato ai modelli di Parini, Alfieri, Monti, cioè degli ultimi grandi cultori del classicismo. Fra i latini, oltre Virgilio, è privilegiato Orazio, che propizia la vena riflessiva di una parte dei primi testi poetici, i quali da un lato attingono al repertorio eroico o erotico dei classici, ma dall’altro si aprono alla poesia di pensiero e di meditazione morale (Orazio era stato anche il poeta prediletto dal Parini). Le fonti classiche sono presenti, peraltro, anche negli Inni Sacri, dove si affiancano alle numerose fonti bibliche, o nelle odi civili (ad esempio Napoleone è detto “uom fatale” con un aggettivo simile, nel senso, a quello usato da Virgilio per Enea o da Tito Livio per Scipione l’Africano). Continui riferimenti ai classici vi sono negli scritti letterari, filosofici e storiografici, con precise indicazioni delle fonti bibliografiche. Ma è soprattutto nei Promessi Sposi che il rapporto con la classicità assume aspetti innovativi. Nel romanzo c’è indubbiamente un uso “serio” delle fonti classiche: nel finale del cap. XXXVIII, ad esempio, Lucia esprime la sua morale della favola “soavemente sorridendo”, espressione che traduce letteralmente quella di un’ode oraziana (e prima ancora di Catullo e della greca Saffo). Nel romanzo c’è però anche un uso parodistico e dissacrante della mitologia classica, che ricorda quello delle prime polemiche romantiche. Una delle più belle favole antiche, quella di Amore e Psiche (narrata da Apuleio nelle Metamorfosi) viene richiamata dal narratore a proposito di una situazione farsesca nel cap. XV; ad essere paragonato a Psiche, che al lume d’una lucerna cercava di osservare le bellissime fattezze di Amore dormiente, è infatti l’oste della”luna piena” che, dopo aver messo finalmente a letto Renzo ubriaco, si china su di lui a guardarlo, dicendo tra sé: “Pezzo d’asino!”.

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