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Letteratura e moralità
Negli scritti letterari inediti che vanno sotto il nome di Materiali estetici, Manzoni scriveva che la letteratura e l’arte dovevano essere considerate nell’ambito delle “scienze morali”. E alla “moralità” delle opere tragiche è dedicato un altro scritto inedito. La connessione tra creazione letteraria e sfera della moralità è in Manzoni complessa. Essa si fonda sulla profonda convinzione della responsabilità morale dello scrittore, la cui parola può avere una grande influenza sull’animo e sul comportamento del lettore o dello spettatore. Questa convinzione non derivava al Manzoni solo dalla sua fede religiosa. Era un aspetto rilevante della cultura dell’epoca, attenta agli effetti psicologici e sociali della comunicazione letteraria. Rousseau (e prima di lui i moralisti francesi del Seicento, ben noti al Manzoni) criticava il teatro e il romanzo contemporanei per la loro capacità di seduzione e di coinvolgimento. Foscolo meditava sulla propria responsabilità di narratore, costatando che la lettura del suo Ortis aveva indotto dei giovani a imitare il protagonista fin nel suicidio. Da questo senso di responsabilità nasceva anche la disquisizione, nel Fermo e Lucia, sui pericoli del romanzo d’amore. Inoltre per Manzoni la letteratura è morale in quanto è conoscenza del “cuore umano”, di quel luogo misterioso e talora oscuro e impenetrabile dove si nasconde la “verità”. Manzoni è un indagatore magistrale dei più intimi e segreti dissidi interiori dei suoi personaggi drammatici e narrativi. E’ indubbiamente un capolavoro, insieme letterario, psicologico ed etico, il ritratto che l’autore ci offre di uno dei personaggi maggiori dei Promessi Sposi: la tragica figura di Gertrude. L’indagine sull’animo umano è in Manzoni illuminata dallo speciale connubio di fede e ragione, ma essa rivela talora anche un radicale pessimismo. Proprio nelle pagine sulla monaca di Monza l’autore parla del “guazzabuglio del cuore umano”, usando una parola a lui cara, ma di senso assolutamente negativo, tanto che viene di nuovo usata nella descrizione della vigna di Renzo (allegoria dell’umanità) invasa dalle erbacce e dunque dal male.
 
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