
"In gioventù soffrii di un amore tremendo, ma irripetibile e onesto; e più a lungo ancora avrei sofferto se una morte acerba ma benigna non avesse completamente spenta una fiamma ormai languente" (1) (
Posteritati). Le scarne vicende di questo amore si trovano elencate in un'annotazione che Petrarca vergò di suo pugno nel
Virgilio Ambrosiano, in modo da averla sempre davanti agli occhi: vide per la prima volta Laura la mattina del 6 aprile 1327, nella chiesa di S. Chiara ad
Avignone, e la donna morì la mattina del 6 aprile 1348, sempre ad Avignone. Le due date trovano riscontro separatamente in due sonetti del
Canzoniere e congiuntamente in una terzina del
Trionfo della Morte (I 133-35 "L'ora prima era, il dì sesto d'aprile, / che già mi strinse, ed or, lasso, mi sciolse. / Come Fortuna va cangiando stile!"); anche in assenza di altre notizie, è certo che la morte fu dovuta alla
peste che imperversava. Questo è pressoché tutto ciò che sappiamo di Laura, essendo il resto avvolto nell'incertezza: la sua famiglia di origine, il villaggio del contado avignonese nel quale sarebbe nata, il nome del marito sono stati oggetto di varie proposte di identificazione, quando non di costruzioni leggendarie, a partire dalle poche allusioni disseminate da Petrarca. Spicca per notorietà la congettura dell'abate de Sade, secondo cui Laura sarebbe nata de Noves e avrebbe sposato il nobile provenzale Ugo de Sade.
In verità Laura ha una vita esclusivamente letteraria, e per di più solo all'interno di una parte quantitativamente piccola dell'opera petrarchesca: occupa la scena da protagonista nel Canzoniere, in quattro dei sei
Trionfi e nel libro III del
Secretum; compare sotto spoglie allegoriche in alcune egloghe del
Bucolicum carmen; si accenna a lei nel citato brano della
Posteritati e in poche altre lettere. La sproporzione fra questa sua presenza appartata e l'importanza che avrebbe avuto nella vita di Petrarca ha fatto sì che già durante la vita del poeta si sia formata l'opinione che Laura fosse un personaggio fittizio; anzi, le implicazione metaforiche insite nel suo nome, e ampiamente sviluppate da Petrarca sulla falsariga del mito di Apollo e Dafne (esposto nelle
Metamorfosi ovidiane), hanno suggerito che in Laura egli avesse semplicemente voluto raffigurare l'alloro (in latino
laurus, parola di genere femminile) quale simbolo della poesia. Contro questa interpretazione, avallata da
Giovanni Boccaccio nella
Vita Petracchi, Petrarca si pronunciò in una lettera a
Giacomo Colonna (
Familiares II 9), ribadendo con fermezza il carattere reale del suo amore per Laura, e nel Secretum, ribaltando i termini della questione:
Agostino accusa Francesco di aver voluto ottenere l'
incoronazione poetica per amore di Laura, non viceversa. Peraltro anche recentemente, prendendo spunto da alcune incongruenze cronologiche, si è cercato di dimostrare che Laura sia stata creata all'interno di un gioco letterario elaborato da Petrarca insieme a
Sennuccio del Bene (2) .
(1) "Amore acerrimo sed unico et honesto in adolescentia laboravi, et diutius laborassem nisi iam tepescentem ignem mors acerba sed utilis extinxisset".
(2) Giuseppe Billanovich, L'altro stil nuovo. Da Dante teologo a Petrarca filologo, "Studi petrarcheschi", n. s., XI (1994), pp. 1-98.