INCORONAZIONE POETICA

Il massimo riconoscimento pubblico ottenuto da Petrarca in vita sua coincise con il più ambizioso tentativo di far rivivere il mondo antico non solo nella rievocazione letteraria ma anche riesumando una cerimonia esemplare: la laurea poetica, che si riteneva fosse stata assegnata per l'ultima volta a Stazio dodici secoli prima. Nell'affermare la propria diretta continuità con questa lontana tradizione (e quindi il proprio status di autentico erede della poesia classica, estraneo alle contemporanee esercitazioni di scuola), Petrarca ignorò scientemente la laurea della quale era stato insignito il preumanista padovano Albertino Mussato nel 1315 e quella che il professore bolognese Giovanni del Virgilio aveva invano proposto a Dante Alighieri nel 1320.
Stando a due lettere al cardinale Giovanni Colonna, nel settembre 1340 Petrarca avrebbe ricevuto simultaneamente due proposte, dall'università di Parigi (il cui cancelliere era il fiorentino Roberto dei Bardi) e dal senato di Roma, e avrebbe optato per la seconda alternativa (Familiares IV 4 e 5). Vero o falso che sia il resoconto, è pressoché certo che la laurea fu conferita a Petrarca proprio grazie al desiderio dei Colonna di vedere riconosciuto il valore di un promettente letterato al loro servizio; tuttavia la ancora modesta mole delle sue opere in versi (l'Africa appena intrapresa, alcune epistole latine, la prima sparsa produzione in volgare) non giustificava un simile premio. Forse consapevole della debolezza della sua posizione, prima di dirigersi a Roma Petrarca volle prima trascorrere circa un mese a Napoli per essere esaminato da re Roberto d'Angiò (a sua volta contattato probabilmente tramite Dionigi da Borgo Sansepolcro); e in seguito riconobbe in varie occasioni che l'onore toccatogli era stato prematuro, come del resto gli rinfacciavano i detrattori (quali Bruzio Visconti).
La cerimonia vera e propria ebbe luogo l'8 aprile, nel Campidoglio di Roma, e venne descritta da Petrarca in una lettera di poco successiva (Epystole II 1). Inizialmente egli pronunciò il discorso che aveva preparato, la Collatio laureationis, esaltazione della funzione della poesia (traendo spunto da una citazione virgiliana: "Ma per le ardue solitudini del Parnaso mi trascina un dolce amore" (1) , Georgiche III 291-92) e delle qualità dell'alloro. Quindi il senatore Orso dell'Anguillara lesse il Privilegium laureationis, discorso (steso almeno in parte dallo stesso Petrarca) che dichiarava il beneficiario storico e poeta (prendendo quindi in considerazione anche il De viris illustribus), gli concedeva il titolo di maestro e la facoltà di insegnare (sulla quale poi si basarono i tentativi fatti dal comune di Firenze per attirarlo nella locale università) e lo rendeva cittadino romano. Infine Petrarca andò a deporre la corona d'alloro (simbolo della laurea, che gli valse da allora in poi la qualifica di "poeta laureatus") sull'altare della basilica di San Pietro.
Giacomo Colonna, impossibilitato a intervenire alla cerimonia, indirizzò al festeggiato il sonetto gratulatorio Se le parti del corpo mio destrutte, al quale Petrarca rispose, molti anni dopo la morte dell'amico, con il sonetto 322 del Canzoniere.

(1) "Sed me Parnasi deserta per ardua dulcis / raptat amor".

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