CANZONIERE 4: STORIA REDAZIONALE

Nessun testo petrarchesco in volgare è sicuramente anteriore agli anni Trenta. La più antica poesia datata è il sonetto Più volte il dì mi fo vermiglio et fosco, trascritto nel codice degli abbozzi il 4 novembre 1336 ma rimasto escluso dal Canzoniere; tuttavia ne preesistevano altre, come la canzone 28 (riferita ai preparativi di una crociata svolti nel 1333). Dalle postille del codice degli abbozzi sappiamo che fra 1336 e 1338 Petrarca procedette a una trascrizione in bella copia di alcuni testi e che nel 1342 diede mano a una prima forma organica delle sue rime, inaugurata probabilmente dal sonetto 34; ignoriamo la consistenza numerica di questa forma, ma possiamo supporre che la recente incoronazione poetica abbia suggerito di incentrarla sul mito dafneo.
Un nuovo progetto di raccolta cominciò ad essere realizzato dopo il 1348, in parallelo con la sistemazione di Familiares ed Epystole (tutte opere formate da materiali in precedenza dispersi); al 1350 risale il sonetto 1, dalla chiara funzione proemiale. Tra 1357 e 1358 una copia di questa nuova raccolta venne mandata ad Azzo da Correggio (donde il nome di forma Correggio). Pur in assenza di testimoni manoscritti si ipotizza che essa sia stata la matrice di tutte le successive redazioni dell'opera, nate da progressivi accrescimenti di questo nucleo originario: probabilmente era già divisa in due parti, la prima delle quali chiusa dalla sestina 142, la seconda aperta dalla canzone 264 (come sempre in futuro) e chiusa dal sonetto 292.
La forma Chigi, terminata nel 1362/63, prende nome da un manoscritto di pugno di Giovanni Boccaccio oggi conservato nella Biblioteca Vaticana, che ne è il testimone principale. La prima parte si chiudeva con il sonetto 189, la seconda con il 304.
Tra 1366 e 1367 Petrarca affidò a Giovanni Malpaghini la trascrizione di una nuova forma della raccolta, inaugurando il codice destinato a diventare l'autografo del Canzoniere. La prima parte della forma di Giovanni si chiudeva con il sonetto 190, la seconda con il 318.
Dal 1367 in poi Petrarca trascrisse personalmente le poesie che via andava aggiungendo al Canzoniere, ricavandone talvolta una versione provvisoria. Una di tali versioni, dedicata a Pandolfo Malatesta nel 1373, ha importanza per la lettera di dedica che la accompagnava e che contiene uno dei più circostanziati giudizi petrarcheschi sulla propria produzione in volgare.
L'elaborazione del Canzoniere impegnò Petrarca fino alle soglie della morte. L'ultimo intervento fu una ridislocazione degli ultimi trentuno testi, che nell'autografo furono contraddistinti da piccoli numeri con l'ordine definitivo.

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