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Percorso tematico   Home Page > Percorso tematico > Lo straniero > I francesi a Milano

 I francesi a Milano

fotografia Nel 1499 l’esercito del re di Francia, Luigi XII, sconfigge le truppe di Ludovico il Moro, duca di Milano, che è costretto a rifugiarsi a Ferrara. Il ventenne Castiglione, a quel tempo, si trova appunto a Milano, per compiere il proprio tirocinio di umanista e cortigiano presso la splendida corte sforzesca. Qui, al principio di ottobre, assiste all’ingresso del sovrano francese e dei suoi soldati in città, fornendone al cognato Girolamo Boschetto un pittoresco resoconto: “La piacia era carica di gente, e lì dove passava la Sua Maiestà era fatto una strata de guasconi, balestrieri a piedi, armati cum celata da coppa e quelli vestitelli, ma non recamati. Quelli guasconi sono homini di poca statura: li arcieri poi sonno molto corpulenti. In questa pompa entrò la Maiestà del Re di Francia nel Castello de Milano: già receptaculo del fior de li homini del mundo, adesso pieno di betole e perfumato di ledame” (B. Castiglione, Le lettere, a c. di G. La Rocca, I, Milano 1978, 6).

Spiccano, in questo brano, alcuni particolari, che denotano la speciale e raffinata sensibilità del suo autore: da un lato la meticolosa registrazione degli abiti e delle armi proprie dell’esercito conquistatore, con una nota di implicito sarcasmo riguardo agli arcieri corpulenti e ai guasconi di bassa statura; d’altro canto viene messa in lapidario risalto la trasformazione repentina subita dalla corte, per effetto dell’arrivo degli stranieri. Il Castello di Ludovico il Moro, già luogo di massimo fulgore delle arti e delle lettere, ora si trova “pieno di betole e perfumato di ledame”. Questo è l’effetto del tracollo del dominio sforzesco; questa è la conseguenza, come Castiglione avrà modo di rimarcare, oltre che nel Cortegiano, nella lettera a Leone X e in quella a Alfonso de Valdés, dell’affermarsi delle ragioni della violenza e della guerra su quelle della pace. Lo spettacolo macabro degli arcieri guasconi che si esercitano, nel Castello, usando come bersaglio la sagoma preparata da Leonardo per il monumento equestre a Francesco Sforza, si ripeterà, tragicamente, con il Sacco di Roma.

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