Gianfranco Contini
Gianfranco Contini (1912-1990), professore di filologia romanza prima a Friburgo, poi a Firenze e alla Scuola Normale di Pisa, è stato presidente della Società Dantesca Italiana dal 1956 al 1968 e per molti decenni direttore degli “Studi danteschi”, nonché autore, tra molte altre indagini, di fondamentali contributi nell’ambito dell’esegesi e della critica dantesca, tra cui bisognerà almeno ricordare l’edizione commentata delle Rime del 1939, l’edizione critica e commentata del Fiore e del Detto d’Amore del 1984 e i saggi riuniti nel volume Un’idea di Dante, pubblicato nel 1976. L’interpretazione dantesca di Contini, insieme con quelle di Auerbach e Singleton, è ritenuta imprescindibile per chiunque oggi voglia accostarsi all’opera di Dante e non è forse azzardato affermare che l’immagine oggi più accreditata, almeno in Italia, è quella, dichiaratamente privilegiata da Contini, di un “Dante della realtà e della sperimentazione continua”[1]. Punti fermi e insistentemente ribaditi nella lettura continiana dell’opera dantesca sono infatti: l’osservazione circa “la totale spregiudicatezza verso il reale”[2] che ha quale correlativo formale lo sperimentalismo letterario e il plurilinguismo, di cui la Commedia, definitiva “enciclopedia degli stili”, rappresenta il risultato più alto; il riconoscimento, cui si collega la fortunata formula del personaggio-poeta, della duplice identità di Dante, poeta e critico, anzi “primo critico, e non solo in data, delle nostre lettere”, sicché se per assurdo “fossimo sazi della sua poesia, potrebbe nutrirci a lungo la sua intelligenza”[3]; infine l’indagine sulla memoria interna di Dante, che permette di evidenziare sottili e forse preterintenzionali meccanismi di autocitazione sintomo di una memoria profonda che agisce “sotto la stessa soglia della coscienza”[4], a livello dei significanti piuttosto che dei significati, delle giaciture ritmico-foniche piuttosto che delle riprese lessicali. Ed è proprio sull’accanita auscultazione di tali echi interni che si fonda prevalentemente il giudizio di attribuibilità a Dante del Fiore e del Detto d’Amore.
[1] G. Contini, Un’interpretazione di Dante (1965), in Id., Un’idea di Dante. Saggi danteschi, Torino, Einaudi, 1976, p. 110.
[2] G. Contini, Dante oggi, in Id., Un’idea di Dante, cit., p. 68.
[3] Ivi, p. 67.
[4] G. Contini, s.v. Fiore, in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1970, vol. II p. 900.

