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Dante personaggio-poeta: il critico militante
In Dante si assiste a una costante simbiosi tra la pratica poetica e la riflessione metaletteraria, che si manifesta nell’attitudine all’autoesegesi (Vita Nuova, Convivio, Epistole III e XIII) e nella tendenza a tracciare, in modi più o meno espliciti, quadri di storiografia letteraria e di autentica critica militante (capitolo XXV della Vita Nuova, De vulgari eloquentia e Commedia). Legittima pertanto la definizione di Dante come primo critico della nostra tradizione letteraria, dal confronto con il quale pare difficile prescindere per un corretto inquadramento della lirica italiana del ’200. Se alcuni suoi giudizi (primo fra tutti quello sprezzante contro Guittone) sono tendenziosi e strategicamente funzionali alla propria poetica, bisognerà però riconoscere che molte categorie critiche formulate da Dante continuano a valere anche per noi: l’unità su base politico-culturale più che geografica dei poeti siciliani; la rivalutazione tra questi di Guido delle Colonne; l’attribuzione a Guinizzelli di un ruolo di precursore piuttosto che di esponente dello stilnovo; l’individuazione infine di un gruppo omogeneo di poeti illustri fiorentino-pistoiesi con la connessa categoria storiografica del Dolce stil novo. Ma, oltre la perdurante attualità di singoli giudizi, contano soprattutto le innovazioni metodologiche che Dante apporta rispetto alla cultura precedente sul piano della storiografia letteraria e che consistono nell’attenzione alla geografia (evidentissima nel De vulgari) e nella storicizzazione anche della contemporaneità, nella coscienza cioè della mutevolezza del gusto letterario. Elemento quest’ultimo particolarmente evidente nel poema, il cui protagonista-narratore non dimentica mai di essere un poeta, che nel suo viaggio, soprattutto nel Purgatorio, incontra o comunque si confronta con altri poeti (oltre agli antichi anche Forese, Bonagiunta, Guinizzelli, Arnaut Daniel), istituendo così una dimensione di critica e autocritica letteraria, in cui i silenzi (si pensi a Cino da Pistoia) e le allusioni (decisive quelle a Cavalcanti) contano quanto, o forse più, delle esplicite prese di posizione.
 
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