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Percorso testuale   Home Page > Percorso testuale > Poesie > Sopra il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima

Sopra il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima

Canzone “libera” di quattro strofe di varia lunghezza (con una forte presenza di rime e assonanze, anche al mezzo), composta a Napoli forse nel 1834-35 e pubblicata la prima volta in nell’edizione di Napoli 1835.

È la seconda “sepolcrale”, dopo Sopra un basso rilievo antico sepolcrale, con la quale forma un evidente dittico, anche se fortissime sono pure le consonanze con Aspasia: nel paragone tra bellezza e musica (seconda e terza strofa), e in particolare nella forte componente di sensualità che caratterizza la descrizione del corpo della donna:

... Quel dolce sguardo,

che tremar fe’, se, come or sembra, immoto

in altrui s’affisò; quel labbro, ond’alto

par, come d’urna piena,

traboccare il piacer; quel collo, cinto

già di desio; quell’amorosa mano,

che spesso, ove fu porta,

sentì gelida far la man che strinse;

e il seno, onde la gente

visibilmente di pallor si tinse, (vv. 7-16)

Qui però l’insistenza sulla passata bellezza della donna provoca un effetto perturbante perché è immediatamente raffrontata con l’attuale sfacelo dei suoi resti: “Tal fosti: or qui sotterra / polve e scheletro sei” (vv. 1-2), “furo alcun tempo: or fango / ed ossa sei: la vista / vituperosa e trista un sasso asconde” (vv. 17-9).

La riflessione leopardiana, compiutamente materialistica, investe qui il tema angoscioso (e “filosoficamente” irrisolvibile: “Misterio eterno / dell’esser nostro”, vv. 22-3) del contrasto fra la materia vilissima della “Natura umana” e l’altezza delle sensazioni e delle idee che pure è in grado di esprimere – e che però sono immediatamente spente dalla morte:

Natura umana, or come,

se frale (= “fragile”) in tutto e vile,

se polve ed ombra sei, tant’alto senti?

Se in parte anco gentile,

come i più degni tuoi moti e pensieri

son così di leggeri

da sì basse cagioni e desti e spenti? (vv. 50-6)

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