Sopra un basso rilievo antico sepolcrale, dove una giovane morta è rappresentata in atto di partire, accomiatandosi dai suoi
Canzone “libera” di sette strofe di varia lunghezza, fu composta fra il 1831 e il 1835 e pubblicata la prima volta nell’edizione di Napoli 1835.
Con la successiva Sopra il ritratto di una bella donna costituisce le cosiddette “sepolcrali”, legate alla riflessione sulla morte (tema molto frequente nel pensiero leopardiano, dalle Operette morali fino allo Zibaldone), e in particolare alla riflessione sulla morte di giovani donne (gli esempi poetici più immediati sono costituiti da A Silvia e dalle Ricordanze, ma la tematica era già presente nei Ricordi d’infanzia e di adolescenza, e nel Canto giovanile Il sogno.
Al centro del Canto, un angoscioso interrogativo metafisico rivolto alla natura, “Madre temuta e pianta”, “illaudabil maraviglia, / che per uccider partorisci e nutri” (v. 44; vv. 46-7): se morire è un male, perché consentirlo in creature innocenti? E se è un bene, perché la perdita di persone care addolora così tanto chi rimane in vita?
se danno è del mortale
immaturo perir, come il consenti
in quei capi innocenti?
Se ben, perché funesta,
perché sovra ogni male,
a chi si parte, a chi rimane in vita,
inconsolabil fai tal dipartita?
Ed è proprio la crudeltà del distacco tra persone care che motiva un’ulteriore serie di domande rivolte alla natura (vv. 75-107); domande che purtroppo rimangono senza risposta, considerato che dalla natura (e qui ritorna la tematica dell’indifferenza della natura, centrale nel Dialogo della Natura e di un Islandese) “altro negli atti suoi / che nostro male o nostro ben si cura” (vv. 108-9):
Come, hai come, o natura il cor ti soffre
di strappar dalle braccia
all’amico l’amico,
al fratello il fratello,
la prole al genitore,
all’amante l’amore: e l’uno estinto,
l’altro in vita serbar? Come potesti
far necessario in noi
tanto dolor, che sopravviva amando
al mortale il mortal? ... (vv. 98-107)

