Il confronto con l’antichità è centrale in tutto il percorso leopardiano, dalla riflessione sulla poetica (nel Discorso intorno alla poesia romantica) agli scritti saggistici e filologici, fino all’esperienza lirica (fra tutti, si possono ricordare i Canti Ad Angelo Mai e Alla Primavera).
Nello Zibaldone, e non solo, la riflessione è centrata sulla capacità degli “antichi” di provare “illusioni”, diversamente dagli “inciviliti” popoli moderni:
“gli antichi lasciavano a pensare più di quello ch’esprimessero, e l’impressione delle loro opere era più durevole” [86-7] gli antichi erano forti, costanti e magnanimi, pieni di vigore e di entusiasmo [90, 96-7, 2434-6, 4185] sostenevano il corpo e l’animo con l’esercizio fisico, contrariamente ai moderni [115, 125, 163-4, 207-8, 1330-2] nell’antichità le illusioni e le passioni erano più forti [271-2, 680-3, 2753-5, 2766-7] le antiche società si basavano, diversamente dalle moderne, sull’amor patrio e sull’odio verso gli stranieri [876-911] caratteristiche delle guerre antiche [930-1, 1004-7, 1362, 2305-6] meridionalità della cultura antica [1027, 4256] stile delle lingue antiche, rispetto alle moderne [1470-2, 1482-4, 2172-3, 2282-91, 2917-9, 3471-7, 3996] “gli antichi vivendo non temevano il morire, e i moderni non vivendo, lo temono” [3030-1] gli antichi (contrariamente ai moderni) miravano all’eternità, grazie all’immaginazione e alle illusioni [3435-40] gli antichi non credevano che fosse infinita la distanza tra umano e divino [3494-6, 3544-5] “il piacere che ci dà la poesia, dico la poesia antica e d’immagini; tra le sue cagioni, ha per una delle principali, se non la principale assolutamente, la rimembranza confusa della nostra fanciullezza che ci è destata da tal poesia” [4472].