Discorsi e saggi
L’attività saggistica non fu certo secondaria per Leopardi: in particolare durante la giovinezza, egli redasse numerosi scritti su argomenti letterari e culturali.
Composizioni di natura scolastica sono le Dissertazioni filosofiche (metafisiche, fisiche e morali) del 1811-12 e gli undici Discorsi sacri composti tra il 1809 e il 1814.
Due ampi testi, la Storia dell’Astronomia (1813) e il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), sono testimonianza degli anni dello “studio matto e disperatissimo”: il primo è una raccolta compilativa di una vastissima mole di dati, perlopiù di seconda mano (ma non si può scordare quanto gli “astri” saranno importanti nelle future opere leopardiane); il secondo è una difesa della religione cristiana contro gli errori degli antichi (Leopardi però spesso si lascia affascinare dagli “errori” che vorrebbe smascherare).
Tra il 1816 e il 1818 Leopardi tentò di inserirsi nel dibattito classico-romantico, con la Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana e l’importantissimo Discorso intorno alla poesia romantica, e nel 1824 compose il Discorso sugli Italiani, estremo tentativo di rivolgere al pubblico “discorsi” in cui la propria visione della società fosse espressa in forma diretta ed esplicita, non mediata da filtri ironici o satirici.
Una particolare forma di intervento culturale è poi quella costituita dai lavori “divulgativi” condotti per l’editore milanese Stella: il commento alle Rime di Petrarca (1826), e soprattutto le due fondamentali antologie “d’autore” della nostra letteratura (con importanti Prefazioni): Crestomazia italiana della prosa (1827) e Crestomazia italiana de’ poeti (1828).
Notevolissimo infine l’ironico Preambolo a “Lo Spettatore fiorentino” (1832), giornale “inutile” progettato da Leopardi non per “giovare al mondo, ma dilettare quei pochi che leggeranno”: proposito “ragionevole” “in un secolo in cui tutti i libri, tutti i pezzi di carta stampata, tutti i fogliolini di visita sono utili” (non sfuggirà certo la ironica polemica contro l’“Antologia”).

