Una città in forma di palazzo
Fin dalla più antica redazione del Cortegiano Castiglione stabilisce di riservare la parte introduttiva o proemiale del testo, di seguito alle pagine della dedica, alla definizione della cronotopo e della cornice del dialogo, mediante la puntualizzazione delle coordinate storiche e geografiche della scena. Si assiste così, prima che la trattazione vera e propria abbia inizio, alla codificazione del mito di Urbino, la città dove ha sede la corte dei Montefeltro, a cui Baldassarre, approdatovi nel settembre del 1504, rimane legato fino al 1516.
Castiglione dà forma a questa porzione dell’opera riprendendo la struttura tipica dei panegirici di città in voga nell’età medioevale e umanistica (da Bonvesin della Riva a Leonardo Bruni e Enea Silvio Piccolomini). Le caratteristiche peculiari del genere lo inducono, in particolare, a organizzare la celebrazione in alcune tappe, riservate a celebrare, rispettivamente, la geografia, la storia, la politica e le istituzioni dello stato feltresco. Secondo il canovaccio invalso in tale genere di celebrazioni, si vantano, a proposito del ducato di Urbino, la felice posizione geografica, la bontà del clima, la fertilità del paese circostante; quindi si segnalano la continuità del buon governo principesco e i vantaggi legati alla presenza di una solida dinastia; si arriva quindi a palesare, sullo sfondo del paesaggio appenninico, gli splendori ineguagliabili di “una città in forma di palazzo”, “secondo la opinione di molti il più bello che in tutta Italia si ritrovi” (B. Castiglione, Il Cortigiano, a cura di A. Quondam, Milano 2002, I, 14).
Il palazzo, capolavoro degli architetti Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini, viene esibito nel testo come culmine e fastigio della esaltazione del ducato di Urbino e della famiglia dei Montefeltro: quale esempio perfetto e ideale della residenza, insieme pubblica e privata, del magnifico sovrano. Esso costituisce un simbolo del modo di essere del principe e della corte che lo abitano: non rinchiusi dentro un castello, dentro una reggia-baluardo, ma ospitati in una residenza nel cuore della città, articolata in sé come una città in miniatura, complementare a quella dei sudditi e di essa fulcro ideale, manifesto di un esercizio dolce e liberale del potere, scevro di connotazioni repressive o minacciose.

