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Poesie varie e traduzioni

fotografia Oltre alle opere “maggiori”, Canti e Paralipomeni, Leopardi compose, specie in gioventù, un’altra serie di testi poetici “sparsi”, anche molto importanti (alcuni poi ristampati nel libro dei Versi, Stamperia delle Muse, Bologna 1826: non a caso, la raccolta più “sacrificata” al momento della sistemazione del libro dei Canti nel 1831).

Innanzitutto le traduzioni dai classici, attraverso le quali Leopardi sperimenta diversi registri stilistici, di cui ricorderemo almeno le più impegnative (insieme ai testi di Simonide pubblicati nell’edizione Starita dei Canti, Napoli 1835): al 1815 risalgono le Poesie di Mosco, accompagnate dal Discorso sopra Mosco; al 1816 il Saggio di traduzione dell’Odissea (il Canto primo e un frammento del secondo) e la Traduzione del libro secondo della Eneide (che piacque a Giordani); al 1817 la Titanomachia di Esiodo (corrispondente ai vv. 664-723 della Teogonia), con Prefazione. Soprattutto va ricordato (anche per la funzione propedeutica ai Paralipomeni) il reiterato lavoro sulla pseudoomerica Batracomiomachia: tradotta nel 1815 (con un Discorso sopra la Batracomiomachia), poi nel 1821-22, e infine nel 1826 (e pubblicata nei Versi, insieme al Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne, del 1823).

Ma insieme alle traduzioni (e da esse stimolato) Leopardi negli stessi anni compose testi originali: tra l’altro, nel 1816 l’Inno a Nettuno e le Odae adespotae, raffinate contraffazioni, l’idillio Le rimembranze e l’impegnativa Cantica Appressamento della morte (parte del primo Canto fu pubblicato nell’edizione Starita (Napoli 1835) come Frammento XXXIX); nel 1817 i cinque Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio (pubblicati nei Versi) e il sonetto Letta la vita dell’Alfieri scritta da esso; nel 1818 l’Elegia II (pubblicata nei Versi; i vv. 40-54 costituiranno poi nell’edizione Starita il Frammento XXXVIII.

In seguito, Leopardi compose i testi “sparsi” probabilmente più interessanti: le cosiddette “canzoni rifiutate” e I nuovi credenti (rimase purtroppo solo abbozzato un inno Ad Arimane, spirito del male dello zoroastrismo, del 1833).

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