Canzoni rifiutate
Le canzoni Per una donna inferma di malattia lunga e mortale e Nella morte di una donna fatta trucidare col suo portato dal corruttore per mano ed arte di un chirurgo furono composte a Recanati nel marzo-aprile 1819; e basate, forse la prima, sicuramente la seconda, su reali avvenimenti contemporanei.
Leopardi avrebbe voluto pubblicarle nel 1820, insieme alla Canzone Ad Angelo Mai, ma l’iniziativa fallì per il disaccordo del padre Monaldo; dopo l’insuccesso di questo tentativo, le due canzoni non furono incluse in nessun libro leopardiano (da ciò l’appellativo “rifiutate”).
Le canzoni si segnalano per la sperimentazione di un registro letterario inconsueto per Leopardi, estremamente realistico e “patetico”, vicino al “romantico” da lui stigmatizzato solo l’anno precedente nel Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica:
Misera, invan le braccia
spasimate stendesti, ed ambe invano
sanguinasti le palme a stringer volte,
come il dolor le caccia,
gli smaniosi squarci e l’empia mano.
Or io te non appello,
carnefice nefando, uso ne’ putri
corpi affondar l’acciaro (Nella morte di una donna, vv. 43-50)
Insieme al “patetico” si trova però la meditazione sulla società e più in generale sull’uomo; e le canzoni sono ricche di spunti linguistici e contenutistici che si ritroveranno nella produzione successiva, dal tema della morte di giovani donne a quello del suicidio, al dolore per il destino umano e la corruzione del mondo, fino alla protesta contro la malvagità della natura:
Poveri noi mortali
che incontro al fato non abbiam valore.
...
... natura
n’ha fatti a la sciaura
tutti quanti siam nati. ...
...
e chi diritto guata,
nostra famiglia a la natura è gioco.
Ma questo ti conforti
sopra ogni cosa, ch’innocente mori,
né ’l mondo ti spirò suo puzzo in viso. (Per una donna inferma, vv. 79-80, 97-9, 116-20)

