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Bruto minore

Canzone composta a Recanati nel dicembre 1821, e pubblicata per la prima volta nell’edizione di Bologna 1824 preceduta da una Comparazione delle sentenze di Bruto minore e di Teofrasto vicini a morte (eliminata nelle successive edizioni).

Il richiamo alla figura di Bruto compariva nell’abbozzo che diede origine al Canto Nelle nozze della sorella Paolina, e già in una lettera a Pietro Giordani del 26 aprile 1819.

Nella Canzone di stile assai “ardito” e ricco di latinismi, Leopardi immagina quali fossero le parole pronunciate da Marco Giunio Bruto prima di suicidarsi, dopo la seconda battaglia di Filippi, combattuta e perduta nel 42 a. C. da lui e Cassio, paladini della repubblica, contro Ottaviano e Antonio: parole amare di critica e accusa agli dèi e alla “Stolta virtù”:

Stolta virtù, le cave nebbie, i campi

dell’inquiete larve

son le tue scole, e ti si volge a tergo

il pentimento. A voi, marmorei numi

(se numi avete in Flegetonte albergo

o su le nubi), a voi ludibrio e scherno

è la prole infelice

a cui templi chiedeste, e frodolenta

legge al mortal insulta.

Dunque tanto i celesti odii commove

la terrena pietà?dunque degli empi

siedi, Giove, a tutela? ... (vv. 16-27)

La riflessione sul suicidio (presente qui in particolare nella terza strofa, vv. 46 sgg.: “Spiace agli dei chi violento irrompe / nel Tartaro. ...”) è frequente in Leopardi, soprattutto nello Zibaldone, e trova il migliore esito creativo nell’Operetta Dialogo di Plotino e Porfirio.

Si noterà come ancora nel 1832, scrivendo all’amico De Sinner per protestare contro alcune letture dei suoi Canti nelle quali si attribuiva la causa della sua “filosofia disperata” ai suoi mali fisici, il poeta farà riferimento al Bruto minore quale sintesi del suo pensiero: “Mes sentimens envers la destinée ont été et sont toujours ceux que j’ai exprimés dans Bruto minore” (= “I miei sentimenti riguardo al destino sono stati e sono sempre quelli che ho espresso nel Bruto minore”; lettera del 24 maggio 1832).

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