Recanati
Né mi diceva il cor che l’età verde
sarei dannato a consumare in questo
natio borgo selvaggio, intra una gente
zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
argomento di riso e di trastullo,
son dottrina e saper; che m’odia e fugge,
per invidia non già, che non mi tiene
maggior di sé, ma perché tale estima
ch’io mi tenga in cuor mio, sebben di fuori
a persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
senza amor, senza vita; ...
Leopardi consegna ai versi 28-39 delle Ricordanze un giudizio spietato sulla cittadina marchigiana: l’impossibilità per il poeta di qualunque scambio intellettuale con la “gente zotica, vil”, la sua condizione di durissimo isolamento, non solo culturale ma anche affettivo ed esistenziale, nel “natio borgo selvaggio”, restano indelebili nella memoria dei lettori.
Purtroppo non si tratta di un malumore passeggero: Leopardi condensa nella lirica le ragioni di un risentimento che durò per tutta la sua vita. Il sentimento costante che provò nella cittadina, nella quale suo unico rifugio fu la Biblioteca (dove però incombeva la presenza del padre), fu il desiderio di fuga: dal 1817, quando ne scrive a Giordani (“Di Recanati non mi parli. M’è tanto cara che mi somministrerebbe le belle idee per un trattato dell’Odio della patria” scrive il 21 marzo; e il 30 aprile: “È un bel dire: Plutarco, l’Alfieri amavano Cheronea e Asti. Le amavano e non vi stavano. A questo modo amerò ancor io la mia patria quando ne sarò lontano”), fino all’aprile del 1830, quando lascia per l’ultima volta Recanati dopo avervi trascorso “sedici mesi di notte orribile” (scrive a Vieusseux il 21 marzo: “Son risoluto ... di pormi in viaggio per cercar salute o morire, e a Recanati non ritornare mai più”).
Eppure, oltre a parlarci della Recanati “storica”, estremo lembo dell’arretrato Stato della Chiesa, Leopardi ci regala anche le dolci rimembranze della Recanati della sua infanzia: la “piazzuola”, la “torre del borgo”, e naturalmente il colle dell’Infinito e la casa di Silvia, sono luoghi cari a tutti i lettori dei Canti.

