DE VIRIS ILLUSTRIBUS

Il De viris illustribus è una serie di biografie, prevalentemente brevi, di personaggi illustri del mondo antico. Una redazione definibile come 'romana' comprende ventidue biografie, da Romolo a Catone il Censore (ma i personaggi sono ventitré, essendo trattati insieme Claudio Nerone e Livio Salinatore); da una frase del Secretum sappiamo però che il progetto originario doveva arrivare fino all'imperatore Tito, e del resto la vita di Catone si interrompe prima della sua naturale conclusione. Una redazione definibile come 'universale' comprende altre dodici biografie, da Adamo a Ercole, introdotte da un proemio; anche la vita di Ercole è incompiuta.
Il De viris illustribus consta dunque di due parti giustapposte, nessuna delle quali portata a termine, concepite in tempi distinti e ideologicamente diverse. Il De viris 'romano' nacque a Valchiusa fra 1338 e 1339 come riscrittura in forma biografica della materia degli Ab Urbe condita libri di Tito Livio; il suo primo nucleo è forse costituito dalla vita di Scipione l'Africano, che è una sorta di versione narrativa delle vicende versificate nell'Africa e che dovette accompagnare i primi passi della scrittura del poema, per poi essere progressivamente ampliata e acquisire una certa autonomia all'interno del De viris. Insieme all'Africa, il De viris 'romano' rappresenta la produzione più pienamente classicista di Petrarca, che grazie ad essa fu insignito dell'incoronazione poetica nel 1341; dell'Africa condivise anche la sorte di essere negletto dopo il 1343 e ad essa viene accomunato dalla condanna di Agostino nel Secretum ("Lascia cadere i pesanti fardelli della storia: le imprese dei romani sono state già rese abbastanza illustri dalla loro stessa fama e dall'ingegno altrui" (1) ).
Il De viris 'universale' venne composto di getto, durante un unico momento ispirativo collocabile nel 1351 o poco dopo. Con esso muta radicalmente il panorama storiografico: punto di riferimento non è più Tito Livio ma il De civitate Dei agostiniano, che inserisce la storia del mondo intero nel piano di salvezza voluto da Dio. Petrarca abbandonava in tal modo una nozione di classicismo un po' ristretta per rileggere con maggior consapevolezza la storia extraromana. È stato recentemente ipotizzato che anche l'inserzione nel De viris 'romano' delle biografie di tre personaggi stranieri (Alessandro Magno, Pirro, Annibale) si sia verificata in questo periodo (2) .
In un'ultima fase, verso il 1370, il De viris illustribus si collegò a un'opera iconografica di carattere analogo: Francesco I da Carrara chiese infatti a Petrarca di completare la serie delle biografie, adattandole ai ritratti di trentasei personaggi con i quali intendeva decorare una sala del suo palazzo a Padova. Il rifacimento (nel corso del quale il proemio del De viris 'universale' venne ripreso e trasformato in una dedica al signore di Padova) fu però compiuto solo in piccola parte: lo completò Lombardo della Seta dopo la morte di Petrarca, fra 1379 e 1380.
Non sembra che il De viris illustribus sia stato diffuso durante la vita dell'autore, anche se mostrano di averne avuto qualche conoscenza Giovanni Boccaccio (che lo nomina nel De mulieribus claris) e, in Boemia, Carlo IV imperatore e Jan ze Středa. Ne circolò per tempo (entro la fine del Trecento) un volgarizzamento dovuto a Donato Albanzani.
Forse nato negli anni Sessanta come parte del De viris illustribus, ma ben presto accresciutosi fino a diventare opera a sé stante è il De gestis Cesaris, biografia di Giulio Cesare basata principalmente sulle sue opere De bello Gallico e De bello civili.

(1) "Abice ingentes historiarum sarcinas: satis romane res geste et suapte fama et aliorum ingeniis illustrate sunt".
(2) Enrico Fenzi, Alessandro nel "De viris", in Saggi petrarcheschi, Fiesole (FI), Cadmo, 2003, pp. 447-68.

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