Lucrezio
Tra il 1802 e il 1803, mentre appronta l’edizione milanese delle Poesie, Foscolo si dedica allo studio e alla traduzione di Lucrezio. Di questo lavoro, poi considerato troppo ambizioso e abbandonato per la traduzione e il commento della Chioma di Berenice, restano le postille scritte a margine della traduzione del De rerum natura di Alessandro Marchetti e pochi Frammenti di progettati Discorsi divisi in tre parti: Della poesia lucreziana, De’ tempi di Lucrezio, Della religione lucreziana.
La poesia di Lucrezio toccava temi particolarmente congeniali alla sensibilità foscoliana di questo periodo; l’interesse per il poeta latino nasce quindi da una riflessione che Foscolo andava svolgendo su alcuni grandi temi esistenziali: la religione, alla quale spetta il compito di consolare gli uomini all’interno di una concezione meccanicistica dell’esistenza, la funzione della bellezza, il valore civile dell’arte, il dolore per la patria, la meditazione sulla morte mediata dalla filosofia epicurea.
L’interesse per Lucrezio inoltre si inseriva in una più generale considerazione della funzione politica e sociale dei culti antichi, in una linea di riflessione che sarà poi espressa in modo più articolato nelle Lezioni pavesi; e considerando l’opera di Lucrezio in relazione al suo tempo, Foscolo sperimentava un approccio storico-critico che perfezionò nei numerosi lavori successivi, soprattutto nel periodo dell’esilio.
I Frammenti contengono anche interessanti spunti autobiografici e di riflessione critica: Foscolo vi sostiene che i poeti più grandi sono quelli che “la teologia, e la politica e la storia dettavano co’ lor poemi alle nazioni; onde Omero, e i profeti ebrei e Dante Alighieri e Shakespeare”; tra i contemporanei nomina Alfieri e Parini.

