titolo Giacomo LeopardiGiacomo Leopardi
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Roma

fotografia Nel novembre 1822 Leopardi poté allontanarsi per la prima volta da Recanati e intraprendere il sospirato viaggio a Roma, dove rimase fino all’aprile 1823 ospite dello zio Carlo Antici. Il bilancio del soggiorno, che Leopardi aveva caricato di enormi aspettative, fu assai deludente (anche dal punto di vista pratico: cercò di ottenere un impiego, ma invano; e riuscì solo a pubblicare alcuni studi filologici). In molte lettere egli espresse giudizi estremamente negativi sia sulla propria esperienza in una grande città (“In una grande città l’uomo vive senza nessunissimo rapporto a quello che lo circonda, perché la sfera è così grande, che l’individuo non la può riempire”, a Carlo, 6 dicembre ’22), sia sull’ambiente intellettuale:

Quanto ai letterati ... io n’ho conosciuto pochi, e questi pochi m’hanno tolto la voglia di conoscerne altri. ... Secondo loro, il sommo della sapienza umana, anzi la sola e vera scienza dell’uomo è l’Antiquaria. ... Filosofia, morale, politica, scienza del cuore umano, eloquenza, poesia, filologia, tutto ciò è straniero in Roma ... La bella è che non si trova un Romano il quale realmente possieda il latino o il greco. (A Monaldo, 9 dicembre ’22),

sia su “queste bestie femminine” delle donne romane:

... mi ristringerò solamente alle donne, e alla fortuna che voi forse credete che sia facile di far con esse nelle città grandi. V’assicuro che è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. (A Carlo, 6 dicembre ’22).

Fra le lettere “romane” bisogna però ricordare quella, splendida, inviata a Carlo il 20 febbraio ’23, “in un certo senso la ‘poesia’ scritta da Leopardi in questo periodo” (Walter Binni): “fui a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l’unico piacere che ho provato in Roma ...”.

Leopardi soggiornò nuovamente a Roma fra l’ottobre del 1831 e il marzo del ’32, con Ranieri: ma anche questi furono mesi di “esilio acerbissimo”.

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