FIRENZE

Sebbene la famiglia, originaria di Incisa Valdarno, si fosse stabilita a Firenze, Petrarca nacque ad Arezzo a motivo dell'esilio comminato al padre e e per molto tempo non ebbe alcun contatto diretto con questa città (fra quelli indiretti va annoverato lo scambio con il rimatore Geri Gianfigliazzi, che gli rivolse il sonetto Messer Francesco, chi d'amor sospira e al quale rispose con il sonetto 179 del Canzoniere): in varie occasioni si dichiarò fiorentino e mostrò di considerare Firenze la sua patria, ma non vi mise piede prima del 1350. In una occasione, nel 1348, sentì anzi il bisogno di giustificarsi di una mancata visita (che evidentemente era attesa) scrivendo a Giovanni dall'Incisa (Familiares VII 10); né mancò un momento di vero e proprio attrito nel 1349, quando due amici di Petrarca furono aggrediti da predoni nel territorio di Firenze ed egli indirizzò una lettera di aspro rimprovero al popolo fiorentino, colpevole di non tutelare abbastanza la sicurezza nelle strade (Familiares VIII 10). Il fatto è che sussisteva ancora un contenzioso relativo alla confisca delle proprietà paterne (pena accessoria all'esilio), che Petrarca avrebbe voluto gli fossero restituite.
A Firenze era tuttavia nato un culto petrarchesco, probabilmente alimentato da Sennuccio del Bene dopo il richiamo dall'esilio e praticato da una piccola ma agguerrita cerchia di ammiratori comprendente Giovanni Boccaccio, Francesco Nelli, Zanobi da Strada, Lapo da Castiglionchio, Bruno Casini: i primi quattro di questo gruppo (il Casini era morto durante la peste del 1348) intrattennero Petrarca durante il suo unico, breve soggiorno a Firenze, distribuito fra l'andata e il ritorno del viaggio a Roma per il giubileo del 1350, e con i primi due nacque un'amicizia duratura.
Fu allora che sembrò aprirsi per Petrarca la seria possibilità di stabilirsi nella città toscana: infatti nel 1351 Boccaccio, che era in buoni rapporti con le autorità pubbliche, si adoperò non solo per la restituizione dei beni confiscati ma anche perché a Petrarca venisse offerta una cattedra nell'erigenda università. Quando i suoi sforzi ebbero buon esito si recò a Padova per portare la notizia a Petrarca, che scrisse una nuova lettera collettiva ai fiorentini, questa volta per ringraziarli (Familiares XI 5). Tuttavia alle parole non fecero seguito i fatti: di lì a poco egli partì per la Provenza (dove ebbe contatti con il vescovo di Firenze Angelo Acciaiuoli, cugino di Niccolò Acciaiuoli), lasciando di fatto cadere la proposta di Boccaccio, e al suo definitivo ritorno in Italia, nel 1353, decise di stabilirsi proprio nella più acerrima nemica di Firenze, Milano. Il comune di Firenze prese atto della rinuncia, revocando le concessioni fatte; e risultarono vani i nuovi tentativi messi in atto dagli amici di Petrarca nel 1365 per fargli avere un canonicato in città: posto di fronte alla richiesta di rinunciare al canonicato di Monselice, egli oppose un nuovo rifiuto che troncò in modo definitivo i suoi legami con Firenze.
La Biblioteca Medicea Laurenziana custodisce attualmente un manoscritto con dieci lettere autografe (più altri testi petrarcheschi) indirizzate ad Azzo da Correggio, ai suoi figli e a Moggio Moggi, che mise insieme la raccolta; vi si conserva inoltre un pregevole codice con le opere di Orazio, che Petrarca acquistò a Genova nel 1347.

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