VISCONTI

Il primo contatto di Petrarca con i Visconti fu ostile: nel 1344 Bruzio, figlio naturale di Luchino, nascondendosi sotto falso nome lo accusò di aver ricevuto un'incoronazione poetica prematura e immeritata; le lettere con cui Petrarca gli rispose (Epystole II 10 e 17) inaugurarono la sua usanza di non nominare l'obiettivo polemico, in questo caso celandolo dietro lo pseudonimo di Zoilo.
Meglio andò negli ultimi anni trascorsi da Petrarca a Parma fra lui e Luchino, che aveva conquistato la città nel 1345: le tre lettere di cui è destinatario (Epystole II 11 e III 6; Familiares VII 15) accompagnano o promettono doni e celebrano le sue doti di protettore delle lettere, insomma prefigurano i rapporti che poi intercorsero fra Petrarca e i successori di Luchino nella signoria di Milano ma che per allora non poterono trovare sviluppo, data la morte di Luchino nel 1349.
Fu l'arcivescovo Giovanni, fratello di Luchino, ad accogliere Petrarca di ritorno dalla Provenza nel 1353 e a invitarlo a stabilirsi a Milano. La spregiudicatezza con cui Petrarca accettò l'invito mostrava una piena comprensione dei meccanismi del potere politico, impegnato ad accreditarsi anche in un ruolo culturale ("Mentre infatti io gli domandavo molto minuziosamente che cosa volesse da me, [...] mi rispose che da me non voleva altro che la mia presenza, la quale credeva dovesse onorare lui e il suo dominio" (1) , Familiares XVI 12), ed era destinata a fare scuola per i secoli futuri, segnati dalle figure complementari del letterato cortigiano e del principe mecenate. Tuttavia la promessa di libertà fatta dall'arcivescovo non venne pienamente mantenuta: negli otto anni del suo soggiorno milanese Petrarca dovette adattarsi a svolgere vari compiti in servigio dei Visconti, prima dello stesso Giovanni (morto nel 1354) e poi dei tre nipoti che si divisero la signoria dello stato dopo la sua morte, Matteo II (morto nel 1355), Galeazzo II e Bernabò. In questa attività trovano posto la partecipazione a tre ambasciate (a Venezia nel 1353, a Praga nel 1356, a Parigi nel 1361), la stesura di non meno di sei lettere ufficiali (ovviamente tutte escluse dall'epistolario) per conto di Galeazzo o di Bernabò e altri incarichi di rappresentanza quali il ricevimento dell'imperatore Carlo IV a Mantova nel 1354 e l'orazione tenuta dopo il riacquisto di Novara nel 1358. Per contro non c'è traccia di corrispondenza con i signori di Milano, a eccezione di un carme (Epystole III 29) dedicato a Bernabò per il battesimo del figlio Marco nel 1353 e che non può essere considerato una vera lettera.
Petrarca ebbe rapporti con vari uomini della corte viscontea, senza però stringere amicizie profonde con nessuno di loro: vanno ricordati il futuro genero Francescuolo da Brossano, Pandolfo Malatesta e Giovanni Mandelli (rispettivi dedicatari di una redazione del Canzoniere e dell'Itinerarium). Anche dopo la fine della sua residenza milanese, nel 1361, non sciolse i legami con i Visconti, che continuarono a ospitarlo per anni a Pavia.

(1) "Dum enim scrupulosius quererem quid ex me vellet, [...] nichil ex me velle respondit nisi presentiam meam solam, qua se suumque dominium crederet honestari".

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