
Solo da un cenno contenuto nella lettera autobiografica a
Guido Sette (
Seniles X 2) sappiamo che Petrarca visitò Venezia da giovane, in compagnia del precettore, mentre frequentava l'università di
Bologna. Altre visite poterono aver luogo in anni successivi (ne abbiamo notizia di una nel 1349), ma un'importanza maggiore hanno le due esortazioni rivolte fra 1351 e 1354 al doge della città, Andrea Dandolo, per dissuaderlo dalla guerra con
Genova (
Familiares XI 8 e XVIII 16); lettere inframmezzate da un'altra (
Familiares XV 4) in cui Petrarca adombra la propria intenzione di trasferirsi nella città lagunare. La lunga residenza nella rivale
Milano implicò un rinvio di tali progetti; anzi, proprio a Venezia Petrarca dovette recarsi all'inizio del 1354 in qualità di ambasciatore per trattare la pace con Genova, da poco rendutasi ai
Visconti. Forse in questa occasione egli conobbe il futuro doge Marino Faliero, decapitato nel 1355 per aver tentato di instaurare un regime signorile, e altri due uomini legati all'amministrazione della repubblica: Neri Morando (che fece parte del seguito dell'imperatore
Carlo IV durante la sua discesa in Italia) e il gran cancelliere Benintendi Ravagnani, destinatari rispettivamente di sei e quattro lettere.
Alcuni brevi soggiorni tra anni Cinquanta e Sessanta prepararono il passo decisivo: nel 1362, con l'intermediazione di Benintendi, Petrarca offrì allo stato veneziano l'eredità della propria
biblioteca, destinata ad essere ampliata con successivi acquisti e aperta a tutti gli studiosi; chiese in cambio un alloggio adeguato, che gli fu offerto in palazzo Molin, nella riva degli Schiavoni. Qui egli dimorò stabilmente fino al 1368, tranne parentesi anche lunghe a
Pavia e a
Padova; qui ospitò
Giovanni Boccaccio e
Leonzio Pilato nel 1363 e accolse per qualche tempo la figlia
Francesca e suo marito Francescuolo da Brossano, venuti a vivere con lui. Alla repubblica Petrarca non dovette prestare gli stessi servigi che gli erano stati richiesti dai Visconti; in una sola occasione, nel 1364, partecipò direttamente alla vita politica veneziana, invitando il condottiero Luchino del Verme ad assumere il comando della spedizione contro la ribelle Creta e poi congratulandosi con lui per la pronta vittoria (
Seniles IV 1 e 2).
Petrarca abbandonò Venezia amareggiato per le critiche mosse da alcuni alla sua cultura, che gli erano state riferite da
Donato Albanzani e alle quali aveva risposto nel
De sui ipsius et multorum ignorantia. L'addio alla città impedì il rispetto del patto relativo alla sua biblioteca, che per tale motivo dopo la sua morte andò in parte dispersa. È possibile che egli si recasse saltuariamente a Venezia anche durante il successivo soggiorno padovano; è invece certo che nel 1373 Venezia fu il teatro della sua ultima missione diplomatica, su incarico di
Francesco I da Carrara, sconfitto sul campo e costretto a chiedere la pace.