Il primo amore
Composto in terzine, secondo l’esempio dell’elegia amorosa del Settecento, “cantabile” ma interamente tramato di rimandi alla poesia petrarchesca, Il primo amore venne forse scritto, o perlomeno ideato, nel dicembre 1817, ma stampato la prima volta solo nell’edizione di Bologna 1826, col titolo Elegia I; il titolo fu mutato poi nell’edizione di Firenze 1831, dove il testo venne collocato al decimo posto, a separare le Canzoni dagli Idilli.
L’occasione del componimento fu la visita a Recanati, tra l’11 e il 14 dicembre 1817, della cugina di Monaldo, Geltrude Cassi Lazzari, la cui vista provocò il primo sentimento d’amore nel giovane Leopardi; sentimento espresso anche (in forma maggiormente analitica e compiuta) nel Diario del primo amore, nel quale si leggono parole che paiono appunto riferirsi ai versi: “Volendo pur dare qualche alleggiamento al mio cuore, e non sapendo né volendo farlo altrimenti che con lo scrivere, né potendo oggi scrivere altro, tentato in verso”. All’innamoramento per Geltrude Cassi si riferisce anche il Frammento XXXVIII.
Nel Canto Leopardi rievoca, in colloquio col proprio cuore, la “dolce imago” (v. 26) della donna amata, e ripercorre alcuni momenti della sua passione. Ad esempio, l’attesa dolorosa della partenza della donna, e il tentativo di ascoltarne per un’ultima volta la voce:
Senza sonno io giacea sul dì novello,
e i destrier che dovean farmi deserto (= “lasciarmi solo”),
battean la zampa sotto al patrio ostello.
Ed io timido e cheto ed inesperto,
ver lo balcone al buio protendea
l’orecchio avido e l’occhio indarno aperto,
la voce ad ascoltar, se ne dovea
di quelle labbra uscir, ch’ultima fosse;
la voce, ch’altro il cielo, ahi, mi togliea. (vv. 40-48)
Oppure, l’indifferenza per la gloria letteraria e per gli studi provocata dal sentimento amoroso:
Anche di gloria amor taceami allora
nel petto, cui scaldar tanto solea,
che di beltade amor vi fea dimora.
Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
e quelli m’apparian vani per cui
vano ogni altro desir creduto avea.
Deh come mai da me sì vario fui,
e tanto amor mi tolse un altro amore? (vv. 73-80)

