BIBLIOTECA

Quella petrarchesca fu di gran lunga la più ricca biblioteca privata dei suoi tempi, superiore anche a molte biblioteche di istituzioni civili e religiose. Petrarca la mise insieme attraverso anni di inesauste ricerche, o compiute personalmente (è il caso dell'orazione ciceroniana Pro Archia poeta, scoperta a Liegi) o affidate ad altri: possiamo cogliere quest'ultimo aspetto da alcune lettere (Familiares III 18 a Giovanni dall'Incisa, Seniles XVI 1 a Luca da Penna) nelle quali si allude alle richieste di codici inoltrate a personaggi francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi e persino greci. Viene così fatta intravedere una fitta rete di relazioni estesa a tutta Europa, che rese Petrarca il crocevia di una cosmopolita comunità di intellettuali. La complicità di amici, allievi o semplici persone colte fu fondamentale, sia per i doni che Petrarca ricevette da essi (soprattutto Giovanni Boccaccio, ma anche Nicola Sygeros) sia per le entrature di cui potevano disporre (è il caso di Guglielmo da Pastrengo a Verona).
La biblioteca petrarchesca è un organismo impressionante non solo dal punto di vista quantitativo (quasi un centinaio di manoscritti sono stati finora individuati, altri devono essere presupposti) ma anche per il suo significato in un'ottica di storia della cultura. Essa comprendeva, con le uniche eccezioni di un'opera volgare (la Commedia dantesca) e di due codici in greco (Omero e Platone), testi latini classici e medievali, pagani e cristiani, libri lussuosi e umili, acquistati o fatti allestire appositamente: uno strumento di lavoro che Petrarca seppe sfruttare al meglio, lasciando tracce delle sue letture in un numero enorme di postille marginali (solo in parte edite) che documentano la vastità e l'interconnessione dei suoi interessi e a volte illuminano su vari aspetti della sua attività letteraria e della sua biografia. Petrarca possedette spesso anche più esemplari della medesima opera: ciò dimostra la sua volontà di non accontentarsi di un testo qualsiasi ma di raggiungere la maggior correttezza possibile mediante il confronto fra vari testimoni, e quindi è un indice della sua eccellenza filologica.
Al momento del suo trasferimento a Venezia, che sperava essere definitivo, Petrarca offrì alla repubblica i propri libri in cambio dell'usufrutto vitalizio di un palazzo dove dimorare; nei suoi propositi il legato doveva costituire il primo nucleo di una biblioteca da ampliare indefinitamente e da mettere a disposizione di tutti gli studiosi. Il progetto venne approvato dal Maggior Consiglio veneziano il 4 settembre 1362, ma non poté essere realizzato: nel 1368 Petrarca abbandonò Venezia e si trasferì a Padova. Dopo la sua morte la parte più cospicua della sua biblioteca rimase al signore della città Francesco I da Carrara; venne quindi trasferita prima a Milano dopo la conquista viscontea di Padova (1389), poi a Parigi dopo la conquista francese di Milano (1499). Altri libri fecero parte dell'eredità lasciata al genero Francescuolo da Brossano; alcuni di essi, pervenuti a Pietro Bembo, si trovano oggi alla Biblioteca Vaticana.

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